STUDIO ITALIA

Con studio visit si intende una pratica comune tra appassionati e collezionisti, cioè andare a trovare un artista dove lavora, vedere le sue opere in corso, esplorare il suo archivio, parlare delle sue tecniche, dei suoi prezzi, o anche semplicemente del più o del meno.

Piersandro Pallavicini, appassionato d’arte contemporanea, adotta questo metodo per proporre interessanti spunti d’approfondimento su aspetti poco noti del sistema di rapporti che lega gli artisti figurativi al mercato dell’arte tramite gallerie, mostre, fiere e piattaforme internet.
Da scrittore e “piccolo collezionista”, racconta i propri incontri con pittori contemporanei, ponendo l’accento sulla personalità, la tecnica creativa e le suggestioni vissute nei loro atelier. Studio Italia raccoglie nove di queste visite informali ad affermate figure del nostro panorama
artistico: Velasco Vitali, Federico Lombardo, Adelisa Selimbašić, Iva Lulashi, Giovanni Frangi, Daniele Galliano, Luca Pignatelli, Laurina Paperina, Valentina D’Amaro.

 

 

 

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La Nuova Riviera

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LE ETÀ DI MARTA

UNA STORIA VENEZIANA

 

di  Diana Chiarin, Teresa Dal Borgo, Vittorio Levi, Annarosa Manetti, Auretta Paliotto, Carol Partridge
a cura di Roberto Ferrucci

 

Un un romanzo collettivo. Nove momenti di una vita, quella di Marta, nata e cresciuta a Venezia, con qualche escursione di quelle che spesso
ti offre o impone la vita. Nata e cresciuta all’isola della Giudecca, che non è affatto la stessa cosa di essere nati a San Marco o a Cannaregio.
Che cosa significa, allora, essere diventati grandi quando Venezia era ben lontana dall’essere la città emblema del turismo di massa che è oggi?
Come si viveva e si cresceva in una Venezia che sembra lontana secoli?
Gli autori di questo libro hanno raccontato questo e altro attraverso la Marta di ciascuno. Una Marta che necessariamente cambia di volta in volta la sua voce narrativa, ma che proprio grazie alla varietà di queste voci, di queste scritture, ci offre un ritratto profondo e inedito di Venezia.

 

recensioni:
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DUE.CITTÀ

…due racconti naufraghi. Due racconti che rispondono a progetti di libri naufragati nella tempesta del tempo e della prepotenza d’altri compiti. Ognuno di essi è quindi il resto d’un proprio naufragio, un pecio, come si dice in spagnolo. Ma i due resti, i due pecios, si sono ritrovati a vicenda e sono poi entrati in tensione dialettica tra loro, confrontandosi entrambi e covando pure sentimenti d’amicizia tra l’uno e l’altro e, soprattutto, cimentandosi con la cifra che li unisce e li separa, il due. Tutto il mio lavoro e la mia vita scorrono sotto l’insegna del due: due paesi, due vite, due lingue, l’andare e il ritornare, il fiume di Eraclito e la sua discordia concordante – oppure concordia discordante –, la paternità universale e sovrana della guerra tra i contrari, la passione del nuovo e il richiamo del vecchio, il volto e il retro di ogni cosa adesso e in un successivo o anteriore adesso che è il contrario dell’adesso di ora.

 

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VENEZIA E IO

Città strappata alle acque, e che prima o poi alle acque tornerà, città sospesa e improbabile, città fragile e solidissima, bellissima e orribile, contesa fra mare e terra, affollata e deserta, Venezia è uno di quei luoghi capaci di riassumere una condizione esistenziale universale, quell’esserci e non esserci con cui ciascuno di noi deve ogni giorno fare i conti. Nelle pagine di questo diario, che è anche una lunga nota autobiografica e una guida letteraria per calli e quartieri di Venezia, Marilia Mazzeo posa il suo sguardo vagabondo su tutto ciò che Venezia dà: gatti, tetti, bambini, opere d’arte, cinema e caffé, amici, barche e motoscafi, canali. Nel suo vagare l’autrice cerca solo le contraddizioni. E, naturalmente, Venezia ne conta a bizzeffe, di contraddizioni.

 

Interviste:
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RITRATTI VERI DI PERSONE IMMAGINARIE

E’ possibile che un avvenimento, una caratteristica caratteriale, una svolta biografica si coaguli in una figura? In un occhio, in una smorfia, in una carnagione? La faccia è il nostro stemma araldico, il nostro espressivo blasone? Oppure quei lineamenti sulla superficie anteriore della testa sono casuali, non significano nulla?

Partendo dai ritratti di Giorgio Camuffo, Renzo di Renzo traccia con efficacia e immediatezza un probabilissimo curriculum vitae e il personaggio prende corpo narrativo.

 

Recensioni:
Un libro e un caffé
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Cultura e Dintorni

 

LA LINEA DEL 2020

20 SCRITTI E 20 SCARABOCCHI DOVE MAR GHE GERA E DOVE MAR GHE SARÀ

 

di Stefano Pesce e Cristina Cervesato

 

Il 2020 sarà ricordato come l’anno della pandemia da coronavirus Covid-19, la tragica linea di confine tra un prima e un dopo per le milioni di persone costrette a cambiare drasticamente stile di vita.
Per Stefano Pesce, fondatore de Al Vapore a Marghera, – storico locale punto di riferimento di musicisti e appassionati di jazz della città metropolitana di Venezia e non solo – i lunghi mesi di lockdown casalingo e di temporanea chiusura delle attività, sono stati l’occasione per riflettere su quanto i grandi cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi cinquant’anni nella città operaia abbiano influito sulla sua vita, così come la travolgente scoperta dell’interplay jazzistico di Miles Davis attraverso i vinili di un amico che sfocerà in seguito in una potente spinta creativa nell’organizzazione di svariate attività culturali e lavorative, come le manifestazioni del Marghera Village, il Tam Tam e l’Estate dei Popoli.
Da tutto ciò nasce questo zibaldone costruito su spunti di lettura, ascolti radiofonici, schegge di concerti, incontri con musicisti come Tolo Marton, Stefano Bollani e Vinicio Capossela… ma anche di visioni e prospettive per una futura svolta ecologica dell’area industriale in dismissione. Un gioco di ritmiche, fraseggi e rimandi, in cui i preziosi disegni di Cristina Cervesato s’inseriscono a ogni break come parte essenziale dell’armonizzazione.


DI QUA DALL’ACQUA – STORIE DI MESTRE

di Gabriella Bampo, Lorenzo Bottazzo, Diana Chiarin, Lucia Martello, Anna Maria Masucci, Marco Pitteri

A cura di Roberto Ferrucci

 

Mestre non è solo un dormitorio per turisti. Mestre ha un’immagine, un’identità, una cultura, una storia. Se a far brillare tutto ciò non se ne occupano le politiche locali, a prendersene cura, allora, sono i suoi abitanti.
Di qua dall’acqua – Storie di Mestre è una raccolta polifonica di voci che per appartenenza, scelta e casualità della vita condividono un territorio troppo spesso bistrattato.
Da un progetto corale di scrittura creativa che ha richiesto tempo, confronto e impulso nascono i racconti di Lorenzo, Lucia, Diana, Marco, Gabriella e Anna Maria. Per volerne raccontare l’essenza e la personalità, perché Mestre è molto più dell’immagine riflessa al Di qua dall’acqua di Venezia.


PARE

di Fabio Franzin

 

NA VÌRGOEA, ‘NA SGRAFADHA

 

Granda e fissa, ‘dèss, se à cuzhà
l’onbra sui mé fòji.

‘A mé scritura
‘a incrosa crose e spini.

Un punto ‘l à stuà ‘a stéa
che ‘a bachéa
a est dea frase monca.

‘E me paròe, Pare
le ‘é romài ‘na nuda cerniera
che ‘a sèra su sol ‘l scuro.

Se mai ‘na vìrgoea, magari,
’na sgrafadha che ‘a sbuse,
che ‘a sbrèghe ‘a nùvoea, ‘l caìvo.

 

“Pare” (Padre), è un poema che prende l’avvio “fra i confini della vita” con l’immagine di un uomo con una mano tesa a cercare di trattenere – un padre che muore – e l’altra aperta e pronta ad accogliere, a cullare – un figlio che nasce -, di un uomo che si chiede con quale delle sue mani, in tal modo occupate, sia riuscito a scrivere le parole contenute in questo libro. Parole scritte in un dialetto veneto pastoso e terragno, che Franzin piega a farsi canto sul tema – classico, sempre – della paternità.

 

Il testo è diviso in due parti, in due momenti (come le sigarette fumate in due tempi dal padre, in uno dei testi), in cui Franzin si fa ora Enea, ora Anchise.
Nella prima parte “mé Pare” l’autore segue la malattia e poi la biografia di un padre che, appena scomparso, è già presenza che continua a risorgere entro ogni verso, e che entro ogni verso sembra, a sua volta, distaccarsi crudelmente da quel figlio che lo invoca, da un figlio cui restano ormai una mano monca e un vuoto da colmare. E nell’arduo percorso di un crinale così sottile, Franzin riesce nel miracolo di non cadere, di non cedere mai al facile sentimentalismo o al verso ad effetto.
Questa prima parte si chiude in preghiera, con delle “litanie” in cui Franzin chiede allo spirito del padre il segreto per riuscire nel compito, da Egli così mirabilmente vissuto, di essere a sua volta un buon padre.

 

Nella seconda parte “mì Pare”, Franzin dà corpo, e voce, ora, al suo ruolo di padre. Segue ogni gesta dei figli, del loro essere “carne che cresce”; li scruta, li spia; si fa sentinella alla soglia dei loro sogni, ne asseconda ogni scherzo, richiesta; lo troviamo alle prese con il cambio del pannolino, come in quelle di un detective che tenta di risolvere l’enigma di una parola, apparentemente, priva di senso. Vive i patemi di un padre alle prese con un figlio che si affaccia all’adolescenza, a quell’arena onirica che lo richiede, tutto, anche se quel figlio è già un figlio con-diviso.

 

Un poema che parlerà sia a chi ha subito la perdita di una persona cara, sia ad ogni padre, ad ogni figlio; figlio che – se vorrà, o se vorrà il destino al suo posto – sarà padre a sua volta.


I MURANESI NEL SETTECENTO

di Silvano Tagliapietra

 

La decadenza delle Corporazioni del vetro, episodi di stregoneria, assassinii, fughe e cospirazioni. Il secolo dei Lumi non illumina di certo Murano che sprofonda in una lenta agonia, fino al crollo finale con l’abdicazione di Daniele Manin.
Ma la vita sull’isola comunque continua e nelle famiglie si litiga ancora per l’eredità, ci si innamora della ragazza sbagliata e quando va bene si diventa garzoni…

 

Silvano Tagliapietra, storico, mastro vetraio, promotore dell’immagine culturale di Murano, descrive la vita dei muranesi nel Settecento con metodo preciso e documentaristico usando un registro vivace e accessibile, regalando momenti di emozione e spunti di riflessione sul passato e sul futuro dell’isola.

 

Il grande affresco che Tagliapietra ci stende innanzi è certamente popolato da un gran numero di vetrai, colti per lo più in occasione di qualche difficoltà o atto abbastanza importante da aver lasciato una traccia scritta in qualche documento d’archivio; la sua cronaca, tuttavia, ci parla anche del resto del popolo di Murano e, mostrandone la varietà e la complessità, permette di dare finalmente una fisionomia reale a questa mitica isola dove vivevano anche ortolani, pescatori e barcaroli, insieme a frati, monache e impiegati della Repubblica.

(Giovanni Sarpellon)


LA FORNACE CAVASIN DI SPINEA

Tra memoria e progetto

 

di Gianna Riva

 

La fornace Cavasin ancora esistente di Spinea è una tipica espressione della cultura locale, il frutto dell’adattamento alle esigenze specifiche dello stabilimento di un tipo edilizio ben consolidato e sedimentato nella cultura costruttiva tradizionale delle terre venete; e, proprio per questo, essa rappresenta un significativo documento della storia sociale del territorio.

Pur intrecciato strettamente con l’attività dei campi, il lavoro nella fornace divenne progressivamente la principale fonte di sostentamento per le famiglie della zona, un lavoro duro che coinvolgeva anche le donne e i bambini.

 

Le testimonianze superstiti della fornace di laterizi di Spinea sono abbastanza complete da poter documentare in modo esaustivo la configurazione dell’impianto nella fase più matura e quindi più recente dell’attività e contribuiscono, quindi, significativamente a testimoniare quel momento del processo di intensa urbanizzazione del territorio, che ha più profondamente trasformato la zona, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, e più marcatamente a partire dagli anni sessanta del Novecento, portando con sé conflitti e contraddizioni tuttora irrisolti.

 

Questo lavoro si ripromette di chiarire innanzitutto le caratteristiche del sito, di riconoscerne i valori con riferimento sia al pregio delle opere edificate che al significato intrinseco, documentario e storico che esse esprimono, sia nella peculiarità e potenzialità del paesaggio che proprio quelle testimonianze inserite nel territorio non ancora urbanizzato che le circonda possono concorrere a caratterizzare.


ALTRI SQUILIBRI

di Annalisa Bruni

 

“Maledetto telefono. Come se non avessi già i miei problemi d’insonnia. Suona, suona, la smetterai una buona volta! Tanto, non rispondo. Potrebbe essere Geraldine, soprattutto a quest’ora. Ma non rispondo, non questa notte. Anche se la pagasse lei l’intercontinentale. Non ho voglia di riprendere la solita discussione; mi sono arreso: non ne usciremo mai. Lei è convinta di avere ragione, io sono convinto di avere ragione e con tutta questa ragione stiamo impazzendo tutti e due. È ora di darci un taglio. Io sto male, lei sta male, ma prima o poi tutto questo male dovrà estinguersi in qualche modo e ricominceremo a vivere, io qua e lei là dove se ne è tornata.”

 

Undici short stories sul pluriverso femminile contemporaneo, scandagliato in punta di penna da Annalisa Bruni secondo traiettorie oblique ed ineccepibili, con repentini sbandamenti del baricentro calibrati appositamente per tenere spostato il punto focale del lettore verso gli aspetti più borderline della nostra quotidianità.

 

Nei racconti di “Altri squilibri” si sperimenta molto, si provoca altrettanto, si gioca liberamente (e talvolta un po’ cinicamente) con le “donne sull’orlo di una crisi di nervi”, procedendo per costruzioni a cerchi concentrici che finiscono inevitabilmente per convergere in gustosi colpi di scena.

 

Madri apprensive, mogli fuori luogo, amiche autolesioniste, amanti a perdere, stravolte dalle loro stesse ossessioni, dal loro ininterrotto monologare autofagocitante ed implosivo, dalla paranoia degli occhi degli altri sempre puntati addosso, dai modelli omologati “made in USA”, dal fiato corto per correre appresso ai tempi che corrono, per sentirsi donne in un mondo in cui non si sa più bene cosa voglia dire essere donna. E gli uomini? Ci sono anche loro, ovviamente… in qualche caso risolvono le questioni, ogni tanto amano giocare al gatto e al topo e se va male se ne escono con le ossa rotte, ma il più delle volte se ne stanno semplicemente lì a vedere come va a finire.

 

Annalisa Bruni con “Altri squilibri” ha accostato brillantemente l’intelligenza al senso del grottesco, la scrittura leggera, vitale e spigliata a trame solide e ben delineate, fatte apposta per durare a lungo sia nel tempo che nella memoria.

 

Recensioni:
Eroica Felice
Il Mestiere di Leggere
Altri Squilibri


DA ALTINO A VENEZIA

Continuità di una civiltà

 

di Franco Bordin

 

Storia documentata di Venezia dalle origini alla pace del 1177

 

“Da Altino a Venezia” vuol presentare la prima fase della storia della Serenissima attraverso i suoi nodi cruciali: la nascita del Dogato, l’ascesa di Rivoalto, il culto di S. Marco ed il formarsi della città, l’invasione degli Ungheri, la politica del doge Pietro II Orseolo e il dominio dell’Adriatico, la prima Crociata, la nascita del Maggior Consiglio, la politica di Federico Barbarossa e la Lega Lombarda, la pace del 1177.

 

Franco Bordin analizza – attraverso fonti narrative, documenti (trattati, testamenti, decreti…) e interpretazioni degli storici – la vita della città attraverso la complessa trama degli avvenimenti storici e nel suo continuo sviluppo nel campo politico, costituzionale, economico, urbanistico, religioso ed artistico. È un’opera fondamentale sia per il lettore appassionato di Storia sia per lo studioso.


CRIMINI ALLA VENEZIANA

di Espedita Grandesso

 

Fatti e fattacci nella Serenissima Repubblica

 

“Questo volume raccoglie, in parte, miei racconti apparsi in circa due anni sul quotidiano «Il Gazzettino» che s’ispirano a fatti e fattacci del passato di Venezia e di altre località appartenenti al suo territorio. Queste cronache, antiche e meno antiche, mostrano l’altra faccia della medaglia e fungono da contrappeso alle cerimonie, lussuose e ieratiche, che circondavano il doge e la nobiltà, e a quel ritratto di squisitezza e cortesia a cui la Venezia turistica è condannata da almeno un secolo. (…)

 

La Serenissima Repubblica fu molto di più del pio quadretto di garbo e di cortesia che viene costantemente presentato; ben vengano, perciò, le cronache sbracate di delitti, omicidi e rapine a mano armata, le quali – sia pure in negativo – testimoniano la vitalità di un popolo che seppe esprimere anche momenti di eroismo e di grande intelligenza politica.” Espedita Grandesso

LA LEGGENDA DI ALBERTO

di Michele Zanetti

 

Che cosa offre in cambio questa vita, che certamente non è fatta per la maggior parte della gente?

 

Anzitutto un contatto con la natura in una delle zone più belle e incontaminate di tutte le alpi, dove la ricchezza della flora e soprattutto della fauna costituiscono una dimensione nuova e originale e insieme a questo incontro, un incontro con se stessi quale oggi è difficile poter trovare altrove, e che permette di scoprire aspetti ed esperienze fuori dal comune.

 

Infine la consapevolezza di contribuire a proteggere un patrimonio naturale unico e irripetibile, di inestimabile valore, dove gli uomini d’oggi e soprattutto di domani possano attingere per trovarvi ispirazione, conoscenze scientifiche, cultura e svago.
(Alberto Azzolini)

FANTASMI DI VENEZIA

di Espedita Grandesso

 

17 leggende del brivido in Laguna

 

I resti di un misterioso scheletro, rinvenuti il secolo scorso nella chiesa di Santo Stefano, riportano alla luce la storia delle mille conversioni (e perversioni) di Paolo Da Campo, pirata, frate e figlio d’Allah vissuto nel XVI secolo tra Venezia, Ragusa e la Terrasanta.

Gaspare Zilio si inventa il modo per campare senza far fatica conducendo una duplice vita: si finge mendicante per guadagnare le elemosine e da sfogo, segretamente, ad un abominevole vizio.

Il mazziniano Francesco Flora, incaricato di consegnare alcuni documenti preziosi e segretissimi, incappa nella milizia austriaca e cede alle pressioni solo per mano di un abate, che si rivela un santo non proprio immacolato…

 

17 leggende dannate sono raccolte in questa inquietante antologia, illustrata da preziose riproduzioni di stampe ottocentesche e corredata da un breve apparato storico-artistico che orienta il lettore ai ”luoghi del delitto”, costruendo un itinerario del mistero fra calli e campielli per far rivivere incubi reali accaduti in un passato lontano, che attrae e atterrisce allo stesso tempo.

 

I fantasmi di Espedita Grandesso, studiosa di tradizioni veneziane e autrice del libro d’arte “I portali medievali di Venezia”, provengono tutti da fonti documentate, come ad esempio “Alcune delle più clamorose condanne a morte eseguite in Venezia sotto la Repubblica”, tramandateci dall’erudito del XIX secolo Giuseppe Tassini, e mostrano il lato oscuro della città lagunare, una città labirintica, infernale, una Venezia noir dalle atmosfere gotiche e minacciose.

 

Sono storie di sangue e nobiltà vissute da personaggi illustri o di umile estrazione, scritte con uno stile vivace e accattivante che unisce il gusto del parlato a una scorrevolezza letteraria e a un’incredibile padronanza della materia trattata.

Scanditi da un ritmo incalzante i “fantasmi di Venezia” vi immergeranno in un passato dove non sempre i confini tra il bene e il male sono ben definiti.

 

Recensioni:
Ogni Libro è un Viaggio

LEGGENDE DI VENEZIA

di Armando Scandellari

 

Le leggende di Venezia nascono dal cuore stesso della Serenissima, dal suo intrico di calli, dallo sciabordio dell’acqua in fondo ai canali, dallo sguardo acquoso di una ‘vecia’ seduta sui gradini di casa. Parlano di un tempo incantato, dove la gente si confrontava quotidianamente con miracoli e truffe, con la realtà di una città in continuo mutamento, ricca di umori e di frenetica vitalità. E allora ritroviamo marinai, preti viziosi, streghe dabbene, killer, fantasmi, santi, innamorati, perseguitati…

 

Riviviamo le origini di Venezia, quelle del merletto di Torcello, delle marionette, la Festa della Sensa, il Carnevale. Ci coccoliamo un po’ nel rileggere la curiosa leggenda del ‘bòcolo’, che ancora oggi ogni 25 aprile i veneziani regalano alle loro innamorate. Con il cuore in gola seguiamo la storia del povero ‘fornareto’ o, di Biasio ‘el luganeghèr’, il salsicciaio diabolico che preparava lo ‘sguazeto’ con le dita dei ‘fantolini’. Partecipiamo alle disavventure di Natalina, innamorata dell’uomo sbagliato perché ebreo, o a quelle di Marcella, che denuncia .una falsa cospirazione ai danni della Repubblica e la paga molto cara…

 

Armando Scandellari mescola abilmente l’italiano al dialetto, dipingendo, un quadro di Venezia calde e reale. Con una sottile ironia ma anche con una profonda esperienza del leggendario veneziano, frutto di un’attenta ricerca documentaristica, che gli consente di discernere il vero dal falso, ci propone le sue leggende, antichi racconti orali che anche nella versione scritta mantengono il loro fascino e la loro attrattiva popolare, “Leggende di Venezia” è un’opera che va oltre il valore letterario, che riveste il ruolo di testimone di quella preziosa e insostituibile memoria storica che piano piano si va perdendo, e che merita di essere recuperata e tramandata alle nuove generazioni.

 

E’ un libro, che si legge e si rilegge, si racconta ai nipotini, si sfoglia con interesse o con nostalgia, per riappropriarsi di una città dove anche i ‘cocai’ (i gabbiani) hanno il volto di una donna innamorata.

 

Recensioni:
Ogni Libro è un Viaggio

LE AVENTURE DE PINOCHIO

di Piero Zanotto

 

a Venexia e in venexian

 

”Non so come sia capità, ma de fato un bel zorno sto tòco de legno zé finìo in tel squèro de un vecio marangon de nome Toni, che tuti ciamava mastro Sariésa per via de la ponta del so naso sempre sluzente e paonassa cofà na sariésa maùra…”

 

Nel lontano 1881 escono, sul numero iniziale del ”Giornale per i bambini”, i primi due capitoli del capolavoro di Collodi, alias Carlo Lorenzini. Da allora il bambino di legno scolpito:
da Geppetto ne ha fatta di strada. Tradotto in moltissime lingue, utilizzato come testo cinematografico, teatrale, radiofonico; fonte di ispirazione per nuove versioni letterarie fedeli e non fedeli all’originale e tappa immancabile nella carriera di illustratori professionisti, Pinocchio è la favola che più rimane nel cuore dei bambini e degli adulti. Perché è immediata, ironica, scritta con un registro accessibile a tutti, grandi e piccoli, e ricca di quell’immaginario onirico e fantasioso che le ha valso l’eternità.

 

“Le sventure de Pinochio a Venexia e in venexian” tradotte dal toscano di Collodi da Piero Zanotto, nascono dal puro amore per la fiaba e da una seria riflessione sul dialetto: lingua dimenticata, deformata, relegata con sufficienza e disprezzo a singole nicchie di popolazione, merita di essere rivalutata e riconquistata dai veneziani come strumento della quotidianità del vivere, linguaggio che porta con sé gli umori e la storia di una comunità. Il veneziano di Zanotto, frutto di un’attenta e scrupolosa ripresa di quell’antico parlar di cui poche persone ormai (e ancora meno libri) sono testimoni, si adatta come una seconda pelle al burattino ‘combinaguai’ di Collodi, seguendolo nelle sue birichinate e arricchendolo di significati e di sapori inediti.

 

I luoghi di Venezia, come la sua lingua, sembrano anch’essi adattarsi, plasmarsi attorno a Pinocchio per accoglierlo, quasi fosse un personaggio nato in laguna come le ”maschere” di goldoniana memoria. E pare allora di vederlo, annunciarsi in uno squero e nascere tra le mani impazienti di ‘Mastro Isepo’; andare in ‘una barcbeta vogada a & valesana’ assieme al ‘Gato’ e alla Volpe alle ‘Tere Perse’, a Malamocco, novello Campo dei Miracoli o ‘Paese dei Ciàpa Alochi’; oppure recarsi assieme a Sluseghìn al Lido, ‘Paese dei Zogatòi’ da cui ritornerà ‘musséto’.

PRIMA DI PARLAR, TASI

di Espedita Grandesso

 

Proverbi, parole e parolacce da non dimenticare

 

Un richiamo alla memoria del passato, una raccolta di modi di dire, e di parolacce, di oggetti e mestieri che si sono persi negli anfratti del tempo. Le espressioni che Espedita Grandesso ci riporta non appartengono a quel dialetto simil-popolare che Goldoni ci ha tramandato nelle sue commedie, ma alla voce della massa, fatta di uomini comuni, di situazioni e occasioni radicate nel quotidiano.

 

Troviamo frasi imparentate strettamente con i fatti storici più importanti del momento, come la ribellione di Cuba del 1885 (Zo’ le man da Cuba!); espressioni legate alla religione e a quel miscuglio di paura, devozione e ironia che era l’approccio alla fede di ogni buon cristiano (Esser quelo che gà fato el mango ale sarese; Che ciavada che ciapa i frati, se non ghe xe el paradiso!); proverbi nati dalla filosofia popolare (Se no ti pol bater el cavalo, bati la sela); parolacce e offese (magnamorti, despossente, futon e bampaciara, casso mato); oggetti scomparsi o sostituiti da copie asettiche e automatizzate (bataor, ligambo, moscheto, rasador); definizioni di vecchi mestieri (colarina, gua o moleta, pontapiati, strassarol); nomi di animali (luserta, selega, bisato, finco subioto, marsion); cibi della cucina “povera” (formenton, lucamara, spolentaure, stracaganasse, baracocoli).

MAGNA E BEVI, CHE LA VITA XE UN LAMPO!

di Espedita Grandesso

 

La cucina nel Veneto dall’età romana alla caduta della Serenissima

 

“I Veneziani non amavano Donna Teodora, troppo diversa dalle altre dame, anche d’alto lignaggio, che risiedevano in città. Abituata a una vita regale, la dogaressa Selvo si lavava il viso con la rugiada, che i suoi schiavi raccoglievano all’alba ogni mattina. Non basta: spesso faceva addirittura il bagno e si profumava, ma ciò che non le fu mai perdonato, né dal popolo né da san Pier Damiani, fu l’uso del piron d’oro per portare alle labbra i pezzetti di carne tagliati dai suoi eunuchi.”

 

Quanto è rimasto ai giorni nostri della lunga tradizione culinaria veneta e veneziana che indicava portate particolari per ogni grande festività e per i banchetti della Serenissima? Quante delle strane ricette di Apicio sarebbero ancora appetibili ai nostri palati?

 

Espedita Grandesso, con la sua garbata ironia, traccia un percorso nel tempo, che va dall’età romana alla caduta della Repubblica Veneta, nel quale mette in luce come l’arte del mangiare si sia via via andando raffinando, anche grazie all’arrivo di aromi e di spezie dal lontano Oriente e all’apporto delle colonie levantine al mercato di Venezia, ricordando come la cucina più povera si industriasse a dare sapore al cibo quotidiano anche con l’uso di piante selvatiche. Potrìda de fenichi, sfogi in saòr, sguasseto a la bechera, figà col radeselo, sono solo alcune delle molte ricette riportate che fanno parte della nostra tradizione e che andrebbero riassaporate.

 

“Magna e bevi, che la vita xe un lampo!” non è solo un insolito ricettario, ma anche una raccolta di piccoli aneddoti, racconti brevi, documenti d’epoca, che si può leggere come un ipertesto, secondo la propria discrezione ed il proprio divertimento.

SE NO XÉ PAN XÉ POLENTA

di Espedita Grandesso

 

Curiosità e golosità venete

 

“Era un caldo mezzogiorno d’estate e mi ero ripromessa di limitarmi ad una fondina di paste e fagioli quando, ad un tratto, fui travolta dal profumo intenso che usciva dalla cucina. Buttai l’occhio al contenuto della pentola fatata messa là in bella vista e gioii non poco nel vedere cospicui pezzetti di luganega riposare dentro a una bellissima spuma bianca di riso.


Dissi all’oste che, se mi avesse avvertito che stava per uscire dalla cucina quel ben di dio, non avrei consumato la pur ottima pasta e fagioli. Quel cortese signore, da galante gentiluomo d’altri tempi, per l’irrisoria somma (già allora) di 500 lire mi offrì un assaggio dello squisito risoto de luganega, che si rivelò essere, in pratica, una porzione e neanche tanto piccola.


Arrivai in ufficio con l’aria estasiata e volsi gli occhi pieni di compassione verso i colleghi appena rientrati dalla mensa, nella quale le meraviglie che mi ero appena pappata non erano pensabili neppure nel “libro dei sogni”. “Ma dove sparisci all’ora di pranzo?” mi chiese una collega.
Non potevo confessarle che avevo scoperto la caverna di Alì Babà in un bàcaro dove nessun impiegato a modo avrebbe osato mettere piede, figurarsi poi una signora! Ma soprattutto confesso che non volevo testimoni scomodi durante i miei pasti ipercalorici.”

 

Espedita Grandesso in “Se no xé pan xé polenta” delinea un percorso attraverso l’età moderna e contemporanea nel quale fa confluire i propri interessi sulla tradizione, la cucina e i modi di dire. Descrive un prezioso quaderno inedito del 1907 nel quale la pasticcera veneziana Caterina Patrizio ha riportato le ricette dei dolci tipici austriaci che era solita preparare per la famiglia a cui prestava servizio. Valuta l’importanza che hanno avuto presso le massaie i consigli pratici proposti nelle pubblicazioni di Amalia Moretti, in arte Petronilla, per sopperire alla carenza di cibo e di beni primari nel periodo più difficile della Seconda Guerra Mondiale.

 

Ricorda i prodotti tipici dei venditori ambulanti veneziani di un tempo, i bàcari con la loro varietà di piatti e di cicheti, ma anche i piatti penitenziali del periodo di Quaresima e le piante spontanee che i contadini coglievano per dare loro un po’ di sostanza. Tante piccole storie e curiosità raccontate, come sempre, con garbata e sottile ironia.

CHI XÉ MONA, STAGA A CASA!

di Espedita Grandesso

 

Detti, insulti e prese in giro

 

“Esser felise come ’na scoresa a la sagra dei fasioi. Aver ’na gola da vaca. Piuttosto che i sorzi la rosega, xé megio che i osei la becola. Porchezar a arco…

 

In fondo, i proverbi e i modi di dire, come le favole di una volta, dopo aver provocato una risata a chi è pieno di problemi fino ai capelli, lasciano un ammaestramento o un consiglio, che non pretendono d’essere lezioni di filosofia, ma che – spesso – ci invitano a chiederci se non ci prendiamo troppo sul serio e a trarne le debite conseguenze. Esistono proverbi gravi, intelligenti e perfino pii, ma, nella maggior parte, sono un po’ cialtroni atti, tuttavia, ad illustrare una situazione, un modo d’essere, uno stato d’animo con una battuta fulminante.”

I SERIAL KILLER DELLA SERENISSIMA

di Davide Busato

 

Assassini, sadici e stupratori della Repubblica di Venezia

 

Veneranda Porta da Sacile, la prima omicida seriale femminile della Serenissima; Daniel Lanza, il maestro di Francese a caccia di vittime tra le calli nel Carnevale settecentesco; Marcantonio Brandolini, l’abate avvelenatore in sentore di stregoneria; Paolo Orgiano, lo stupratore vicentino dal “terribil vizio”; i conti Giusti di Verona e il rapimento della bella Angela Leonardi; il conte Lucio della Torre e l’efferato omicidio di Noale… sono solo alcuni dei criminali che molto scalpore hanno suscitato all’epoca della Repubblica di Venezia e che, per il loro modus operandi, potrebbero essere considerati dei serial killer se si applicassero loro le categorie della criminologia moderna.

 

Le ricostruzioni proposte da Davide Busato si basano perlopiù sulla consultazione della documentazione d’archivio della Quarantia Criminal e del Consiglio dei Dieci, la più potente e temibile magistratura della Dominante, e spesso hanno come sfondo una vitalissima ed inquietante Venezia ritratta realisticamente a tinte fosche. Si tratta di indagini complesse, risolte con intelligenza e mestiere dalla polizia o dagli Avogadori da Comun, servendosi quando possibile dei limitati mezzi scientifici disponibili al tempo.

 

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IL CORAGGIO DEGLI ANTICHI VENETI

di Federico Moro

 

L’avventura – L’epopea – L’eredità perduta

 

 

“Il coraggio degli Antichi Veneti” raccoglie la trilogia completa dei thriller storici ambientati nel Veneto del III sec. a.C, costruiti sulla misteriosa figura di Nerka Trostiaia, la Gran Sacerdotessa del Santuario di Pora-Reitia di Ateste, diventata punto di riferimento per i Veneti nella loro lotta contro i Celti grazie alle estasi mistiche che la rendono la “voce della Dea”. In questo romanzi Federico Moro sfrutta a pieno tutte le sue potenti armi di scrittore: la verosimiglianza nella ricostruzione storica e la velocità adrenalinica nei combattimenti.

 

L’avventura…Le nazioni dei Celti sono riunite con l’obbiettivo di distruggere l’Armata e le città dei Veneti. La flotta dello spartano Cleonimo risale il Medoacus verso il Santuario di Lova seminando dolore e devastazione…spetterà a Nerka Trostiaia assumere il comando della pericolosa missione per salvare il popolo veneto.

 

L’epopea… La morte corre lungo il fiume Plavis, falciando guerrieri veneti e scompaginando l’avanzata delle centurie romane. Toccherà al giovane Lucio Decimo Mure svelare i retroscena dei delitti che si diramano dal Santuario di Trumusiate a Lagole.

 

L’eredità perduta… Anno 452 d.C., gli Unni di Attila sono sotto le mura di Altino: esigono la consegna del misterioso Tesoro di Reitia. Solo “l’uomo senza paura”, Orso Galbaio, può salvare la città dall’attacco risolvendo l’arcano che sta dietro alla scritta “In Altno occultus est”.

 

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VENEZIA CRIMINALE

di Davide Busato

 

Zanmaria Millevoi, il sarto assassino di Contrada di San Mattio; Elena Sciarles, la donna bruciata nella propria casa alle Chiovere di San Girolamo; Vittoria Basadonna, la nobile uccisa nel palazzo dei Gritti a San Moisé; Giovan Battista Bombonati, il parrucchiere vicentino che escogitò la truffa della pentola degli spiriti; Chiara Pentarina, la cuoca accusata di aver messo del veleno nel brodo del proprio padroncino a San Paterniano; l’annegato senza nome ripescato ai bordi del Ponte della Panada… sono i protagonisti di alcuni fatti di cronaca nera che accaddero a Venezia nella seconda metà del Settecento e di cui ci sono giunte notizie attraverso le documentazioni processuali conservate presso l’Archivio di Stato.

 

Davide Busato, approfondendo lo sviluppo di questi casi emblematici, ricostruisce i metodi di lavoro della polizia che investigava ai tempi della Serenissima e dei Magistrati che ne coordinavano le indagini, dando ampio risalto ai tanti piccoli particolari curiosi della vita quotidiana dell’epoca emersi dalla lettura degli interrogatori.

CUCINA SOTTO TORCHIO

di Flavio Birri

 

Primi libri di gastronomia stampati a Venezia dal 1469 al 1600

 

Nel Quattrocento Venezia fu il primo centro italiano a produrre e a diffondere in tutta Europa i libri stampati mediante torchi a caratteri mobili, grazie all’intraprendenza di molti stampatori-editori – come Giovanni da Spira e Aldo Manuzio – e all’avvedutezza del Senato Veneto, che da subito intuì l’importanza (anche commerciale) di questo nuovo mezzo di diffusione delle idee.

 

La Serenissima ebbe un ruolo importante anche nel formare un diverso modo di intendere la gastronomia mediante la pubblicazione di ricettari – alcuni celebri come quelli di Cristoforo Messisbugo, di Bartolomeo Scappi, del Platina e del Panunto – che fecero conoscere ai cuochi e agli amanti della buona tavola, le elaborate portate che venivano servite nei sontuosi banchetti di corte dei maggiori principi italiani: ricette insolite, fedeli al gusto del tempo, come il baccalà al butirro nero, il cappone in fracassea francese, le merlucce secche e la torta d’anguilla da Quaresima… ma anche consigli pratici sul come ordinare le stoviglie con garbo e perfezione o sul come trinciare la carne facendo giochi d’acrobazia per lasciare stupefatti i commensali.

SERIAL KILLERS OF VENICE

Written by Davide Busato

 

Killers, Sadists and Rapists of the Serenissima

 

Veneranda Porta from Sacile, the first female serial killer of the Serenissima; Daniel Lanza, the French teacher, hunting for victims in the calli during the seventeenth-century Carnival. Marcantonio Brandolini, the poisoner abbot suspected of sorcery; Paolo Orgiano, the rapist from Vicenza and his “terrible vice”; the Counts Giusti from Verona and the kidnapping of the beautiful Angela Lonardi; Count Lucio dalla Torre and the bloody murder of Noale… These are just some of the criminals who caused a sensation during the epoch of the Republic of Venice and could be considered as serial killers because of their modus operandi, if the categories of modern criminology were applied.

 

The reconstructions suggested by Davide Busato base on the consultation of documents of the Consiglio dei Dieci archive, the most powerful and dreadful of the Venetian magistracies, often with a very much alive and disquieting picture of a gloomy Venice. They are complex investigations, sometimes opposed, cleverly solved by the police or the Avogadori de Comun by using, whether possible, their limited scientific means available at that time.

SERENISSIMA

di Ernesto Maria Sfriso

 

Ritratti di donne veneziane

 

56 ritratti di donne veneziane che con il loro modo d’essere hanno rappresentato lo spirito di un’epoca o una particolare temperie culturale, a partire dalla lontana fondazione della città lagunare fino ad arrivare ai giorni nostri. Non solo figure celebri e largamente descritte dalla storiografia, come la Regina di Cipro Caterina Cornaro e la cortigiana Veronica Franco, ma anche popolane quasi dimenticate come la vogatrice Maria Boscolo, le ricamatrici Lucrezia e Vittoria Torre, l’impiraressa Elisabetta Lazzari o la tabacchina Maria Teresa Trevisan.

 

Nei tempi più antichi prevalgono madri e figlie rassegnate e schiave della volontà della famiglia, come quelle di Elena e Giovanna Candiano, o di Felicita Malipiero, che seppur legate ai dogi dovettero piegarsi alla ragion di Stato e accettare il proprio tragico destino.

 

Nel Cinquecento fioriscono le arti letterarie: la raffinata poesia di Cassandra Fedele e Gaspara Stampa, la prosa elaborata di Moderata Fonte e Lucrezia Marinelli.

 

Nel Seicento convivono la pittura leggiadra di Rosalba Carriera e il canto barocco di Antonia Padoani Bembo, con i colori cupi di Giulia Lama e la sofferta erudizione di Elena Lucrezia Corner Piscopia.

 

Il Settecento è soprattutto il secolo delle nobildonne argute, disincantate e a volte civettuole, come Isabella Teotochi Albrizzi, Caterina Dolfin, Cecilia Tron, Giustina Renier Michiel, dai cui salotti si diffondeva la cultura internazionale, di pari passo con la stampa enciclopedica promossa da Elisabetta Caminer.

 

L’Ottocento si apre all’impegno politico e sociale con la militanza antiaustriaca della risorgimentale Maddalena Montalban Comello, le innovative attività educative proposte da Adele Della Vida Levi, le riviste femminili fondate da Gualberta Alaide Beccari.

 

Dalle complesse esperienze del Novecento emerge il teatro impegnato di Amelia Rosselli, l’esperienza politica e partigiana di Ida D’Este, il mecenatismo dell’americana Peggy Guggenheim.

 

Ernesto Maria Sfriso, noto scrittore-poeta-drammaturgo, dà fondo a tutte le sue collaudate tecniche stilistiche scegliendo per ognuna delle donne omaggiate uno specifico registro narrativo in modo da esaltarne, andando oltre il puro aspetto biografico, le caratteristiche interiori. Quindi con il susseguirsi di mini-atti teatrali, ragionamenti, flash visionari, introspezioni, dialoghi conviviali, scene a volte frizzanti e talora sofferte, offre al lettore una varietà di stimoli di riflessione sulla condizione femminile nel tempo affrontando punti di vista spesso inusuali.

FIOL D’UN CAN!

di Espedita Grandesso

 

16 racconti di animali in Laguna

 

È la Venezia di un tempo, vivida e vivace, quella in cui Espedita Grandesso si diverte a far girovagare gli animali protagonisti dei 16 racconti di “Fiol d’un can!”, condividendo la scena, per una volta, con i veneziani a due zampe di cui più volte ci ha fatto conoscere pregi e virtù.

 

Ed ecco le vecchie trattorie perennemente tenute d’occhio da cani imbolsiti pronti a scattare al lancio di un boccone e a scappare dai ragazzini un po’ troppo vivaci. I corrosi magazzini semiabbandonati dove figliano di nascosto le gatte e si combatte l’eterna lotta contro le pantegane. Le buie botteghe artigianali che danno sulle calli dove gatti sornioni dal loro cantuccio tengono compagnia ai padroni mentre lavorano. I burci da trasporto attraccati alle fondamenta da dove ringhiano botoli spelacchiati che sorvegliano il materiale in carico. I mercati del pesce in campo dove i gabbiani fanno gli spazzini e con una acrobazia afferrano gli scarti in volo. Le portinerie degli uffici con i cartoccetti degli avanzi nascosti in un angolo, portati dalle impiegate per il randagio che hanno adottato.

 

Espedita Grandesso pesca molto dai ricordi di gioventù, inanellando storie tenere e divertenti, qualche volta tristi, ma sempre molto partecipate, come se questi suoi piccoli amici fossero per lei più “umani” degli umani.

 

LAGUNA DI SANGUE

di Davide Busato

 

Cronaca nera veneziana di fine Ottocento

 

Con l’annessione al Regno d’Italia nel 1866 e l’inizio dell’industrializzazione in Laguna, Venezia entra nell’età contemporanea. Anche se i nuovi sistemi di lavoro stanno lentamente cambiando la società, rimane inalterata la passione popolare per quanto rientra nella cronaca nera, in particolar modo verso delitti e fatti di sangue. Ad alimentare tale curiosità contribuiscono i resoconti, spesso a tinte fosche, dei giornalisti della carta stampata che presenziano alle udienze in Tribunale per i processi riguardanti assassini, uxoricidi e criminali di vario genere. Presto l’avvocato Leopoldo Bizio Gradenigo e il patologo legale Vittorio Cavagnis, resi celebri dai quotidiani, avranno un seguito di ammiratori che attenderanno i loro fondamentali interventi con trepidazione.

 

La curiosità morbosa verso criminali come lo “Scannapreti” (Vianello Vianelli) e il “Questurino” (Simone Rizzardi), è identica a quella che ai giorni nostri domina nei talk show sensazionalistici e nei telegiornali… Trenta casi, che molto hanno fatto discutere i veneziani, analizzati dal ricercatore storico Davide Busato.

VENEZIA ARCANA

di Claudio Dell’Orso

 

Il Curioso, l’Eros, il Fantastico e l’Occulto

 

L’evocazione del diavolo della cortigiana Veronica Franco con il Re di Francia. L’iniziazione spionistica di Mata Hari a pochi giorni dalla Grande Guerra. L’agenda nera di Edgar Allan Poe ritrovata da Baron Corvo. La testa che urla in Lista dei Bari. Lo stargate a San Simeon Grando. Il giovane Stalin all’isola di San Lazzaro degli Armeni. Lo strano sequestro dell’ambasciatore giapponese. Le stravaganze della Marchesa Luisa Casati-Stampa. I depositi di ossa umane nelle isole lagunari. La misteriosa caduta di massi in Campo San Boldo. Le case infestate e gli avvistamenti ufologici… la Venezia dell’insolito, città magica per eccellenza, raccontata con la consueta ironia da Claudio Dell’Orso.

CALLI, CAMPIELLI E CANALI

di Paolo G. Nadali – Renzo Vianello

 

Guida di Venezia e delle sue isole. Edizione in italiano e in inglese

 

Più di una mappa o di uno stradario: una guida insuperabile per non perdersi a Venezia. Contiene un indice dettagliato delle denominazioni stradali in ordine alfabetico e un commento ai principali monumenti. Utile anche per chi deve arrivare a un numero civico dei sestrieri veneziani senza saper il nome esatto della calle. Un aiuto pratico per districarsi nella criptica numerazione dei portoni senza girare a lungo a vuoto.

 

La guida “Calli, Campielli e Canali” si rifà al carteggio del catasto napoleonico proponendo l’articolato tessuto urbano veneziano suddiviso in 86 tavole a colori in cui sono distinti meticolosamente con un colore diverso gli edifici storici, i fabbricati separati a seconda della funzione artigianale o commerciale, il verde pubblico dal privato. Inoltre vi sono oltre 400 schede riservate a monumenti e palazzi storici che descrivono lo sviluppo storico e le varie fasi di lavorazione artistica. Questa guida vuole essere un segno d’amore verso Venezia, un modo per ricollegarsi alle sue radici più vere e autentiche: i ponti, le calli, i campielli e i canali. L’intricato sentiero di pietra che porta al cuore di una città magica.

MALA ARIA

di Antonella Benvenuti

 

Il Veneto della carestia e della valigia

 

Il giorno in cui Agata morì, tutti erano in risaia per il primo turno di monda. Bisognava fare il terzo, e il fattore suonò la fine della giornata che ormai era sera. Giovanna e i fratelli si avviarono in fretta verso casa, senza nemmeno lavarsi le gambe alla Conca. Camminarono a lungo, barcollando dalla stanchezza, nell’afa stellata di lucciole. Camminarono spediti, in silenzio, povere ombre scure, infagottate di stracci e strigossi dalla testa ai piedi, per evitare i tagli delle erbe, le scorticature del sole e i morsi delle zanzare. Solo il vecchio sempre più indietro, sempre più curvo, come un povero cane incimurrito, aveva ancora fiato per bestemmiare. Tutti loro sapevano che per Agata, i giorni erano contati, ormai.

 

E poi, in palude, la notte scendeva rapida e silenziosa come un rapace. E proprio di notte, la mala aria, la nera strega degli acquitrini, avvolta nella sua nebbia grigia e grassa, si alzava famelica dagli argini delle risaie, dall’alzaia del fiume, dall’acqua morta dei fossi, per cacciare le sue prede.

 

Dopo il 1897, l’anno della grande carestia, per la gente di palude, abbrutita dalla fame e decimata da malaria e pellagra, non resta che andare ad ingrossare quell’“industria della valigia” che sta spopolando le campagne venete: chi parte per le fantomatiche Americhe, chi per le Svizzere dove si parla “todesco”… chi resta sopravvive con la magra paga dei lavori di bonifica tra le evidenti ingiustizie sociali di un’Italia a più velocità che sta avanzando verso la modernità.

 

“Mala Aria” è un romanzo-dossier veritiero nato da un’accurata ricerca sulle terribili condizioni della popolazione contadina nel Veneto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, costruito con scrittura lucida e fotografica che non vuole risparmiare o nascondere nulla al lettore.

VENETO IN FAMIGLIA

di D. Marcuglia, L. Durighetto, P. Marcolin

 

35 percorsi a portata di bimbo

 

Mulini di Stalis – Oasi di Cervara – Sorgenti del Sile – Pista ciclabile del Sile – Laguna Veneziana – Zero Branco – Riviera del Brenta – Venezia (Ghetto) – Valle Averto – Vacamora – Taglio di Po – Porto Viro – Fratta Polesine – Cittadella – Piazzola sul Brenta – Due Carrare – Stanghella – Carceri – Grotte di Oliero – Covolo di Butistone – Monte Grappa – Montello – Susegana – Cordignano e Sarmede – Cansiglio – Valle del Mis – Longarone – Tre Cime di Lavaredo – Colli Euganei – Monti Berici – Soave – Molina – Cisano e Bardolino – Valeggio sul Mincio – Isola della Scala.

 

La guida “Veneto in famiglia” vuole venire incontro a tutti quei genitori che desiderano fare una gita istruttiva e divertente con i propri figli. Gli itinerari che si intendono proporre coprono tutto il Veneto, in modo particolare la zona centrale, più facilmente accessibile e vicina alle principali città.

 

Le 35 escursioni sono abbastanza variegate, in modo da poter decidere l’una o l’altra meta in base alla stagione, all’andamento climatico del giorno e ai mezzi di trasporto a disposizione.

 

Le gite occupano al massimo il tempo di una giornata; si è cercato di proporre itinerari accessibili a tutti, anche dal punto di vista strettamente monetario. Naturalmente nulla vieta di ampliare la permanenza, o di modificare mezzi o condizioni di viaggio.

 

Alla descrizione vera e propria si accompagnano alcune foto illustrative, una scheda tecnica con tutte le indicazioni da seguire e infine alcune schede tematiche di approfondimento. Queste ultime vengono incontro alla caratteristica primaria dei bambini, ossia la curiosità: quando visitano un luogo che non conoscono tempestano di domande i propri genitori, i quali potranno così portare con sé uno strumento per rispondere a tutti i quesiti.

 

Infine si vuole mettere in luce l’importanza della lingua e delle tradizioni popolari, alle quali verrà dedicato uno spazio apposito in ciascun capitolo, in modo che a ogni luogo corrisponda un pezzo di storia, una leggenda, una parola o una festa.


STORIA VENEZIANA DEL ‘300

UTOPIE

 

di Giuseppe Fort

 

Prefazione di Gianfranco Bettin

 

Nella notte del 15 giugno 1310 sotto una pioggia battente, come narrano le cronache dell’epoca, due colonne di congiurati guidate da Baiamonte Tiepolo e da Marco Querini si diressero verso il Palazzo del Governo e sul brolo di San Marco furono affrontate dalle milizie del doge Gradenigo.

 

I rivoltosi si ispiravano apparentemente alle vecchie libertà comunali contro la serrata del Maggior Consiglio, che aveva legalizzato l’esclusivo diritto delle trecento più ricche famiglie di Venezia di accedere alle massime cariche della Repubblica. Ma alla base della congiura si trovano da una parte il desiderio di un ritorno ad un passato ormai superato dalle nuove tecnologie, le nuove forme di organizzazione economica e la concentrazione dei capitali, e dall’altra il sogno utopico della realizzazione di una società organizzata secondo il Vangelo.


PASSEGGIATE A VENEZIA

di Ernesto Maria Sfriso


12 itinerari storico-artistici

 

“Passeggiate a Venezia” è una guida dettagliata e ricca di informazioni storico-artistiche in grado di soddisfare le necessità del viaggiatore più esigente, ma anche le spontanee curiosità di chi voglia semplicemente rilassarsi immergendosi nelle particolari atmosfere cangianti di luce e d’acqua di questa città unica al mondo.

 

I dodici itinerari lagunari proposti da Ernesto Maria Sfriso – scrittore con una lunga esperienza come guida turistica a Venezia – hanno l’obiettivo di accompagnare passo a passo il visitatore nella scoperta dei magnifici palazzi signorili, delle splendide chiese, dei numerosi musei civici o privati e dei monumenti storici che si susseguono lungo le calli e i campi di ogni sestiere, soffermandosi puntualmente sulla ricca messe di opere d’arte che la Repubblica di Venezia ha saputo produrre ed accogliere nel corso della sua storia millenaria di potenza politica e commerciale.

 

I percorsi approdano inoltre alle isole che circondano Venezia – Murano, Burano, Torcello, il Lido ma anche alle più piccole ospitanti conventi e centri culturali – per muoversi poi nell’entroterra attraversando Mestre e proseguendo nella visita delle residenze signorili lungo la direttrice per Treviso, delle bellissime ville venete che si specchiano nelle acque della Riviera del Brenta, e infine nelle calli ariose di Chioggia.

IL SOGNO DEI CARRARESI

di Federico Moro

 

Padova capitale (1350-1406)

 

Un saggio che riesamina le figure di Francesco il Vecchio e Francesco Novello da Carrara, la loro visione, l’avventura di un’intera città alla luce di una chiave interpretativa del tutto inedita. Per la prima volta, la Padova del Trecento è esaminata all’interno della geostrategia del tempo, pesando da un lato le ambizioni, dall’altro le forze disponibili. Il risultato è sorprendente, portando a rivalutare i due ultimi Signori carraresi e le loro scelte: audaci, senza dubbio, ma nient’affatto utopiche e comunque per molti aspetti inevitabili.

 

Intelligenti e valorosi sul piano personale, colti e astuti, d’indiscutibile coraggio anche di fronte alla morte, tragica con tratti addirittura epici per entrambi, Francesco il Vecchio e Francesco Novello sono qui sottratti al singolare oblio al quale sono stati condannati. Soprattutto è loro restituita la dimensione di grandi statisti, quali furono. Ebbero sfortuna ma, forse, proprio per questo sono ancora più meritevoli di ricordo e riflessione.


LA PROSTITUZIONE A VENEZIA NELL’OTTOCENTO

di Elisabetta Tiveron

 

Le dominazioni straniere (1797-1866)

 

Con la caduta della Serenissima (1797) e la dominazione francese, poi seguita da quella austriaca, inizia per Venezia il periodo forse più decadente della sua storia millenaria: tra la povertà sempre più evidente e lo stravolgimento dei fastosi costumi sociali che avevano caratterizzato la città, anche nell’ambito della prostituzione si percepisce il nuovo clima oppressivo con un incremento delle norme comportamentali e dei controlli igienico-sanitari, nonché della gestione puramente fiscale dei lupanari.

 

Finita l’epoca delle cortigiane colte che avevano affascinato re e viaggiatori, inizia quella delle poverette maltollerate e talvolta problematiche, spesso ad un passo dalla criminalizzazione o dall’espulsione dalla città.

 

Elisabetta Tiveron, attraverso lo spoglio della documentazione d’archivio, l’analisi della distribuzione delle case di tolleranza e le vicende giudiziarie di alcune prostitute, ricostruisce un ambito ancora poco noto della storia ottocentesca veneziana.

 

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PORTO MARGHERA

di Autori vari

 

A cura di C. Dorigo & E. Tiveron

 

Cento anni di storie (1917-2017)

 

Sono passati cento anni da quel 1917 in cui vennero fondate le prime strutture sul bordo della laguna antistante Venezia, ponendo le basi del polo chimico-industriale di Porto Marghera – idea partita da un articolo giornalistico del capitano marittimo Luciano Petit e sviluppata nell’arco di un ventennio da un gruppo di nobili e imprenditori capitanato da Piero Foscari e Giuseppe Volpi – e dell’attigua “città giardino”.

 

Da allora le storie di migliaia di persone si sono incrociate in situazioni non facili, come nelle tensioni politiche legate alla contestazione, ai grandi scioperi e alle lotte operaie, fino alla sanguinosa deriva terroristica di fine anni ’70; il dramma delle malattie mortali dovute alla mancanza di un’adeguata protezione degli operai e alla sottovalutazione della nocività di alcuni prodotti; la scoperta dei danni ambientali causati dagli sversamenti di sostanze inquinanti nei terreni paludosi e dalle fughe di gas tossici negli incidenti degli impianti.

 

Ma Porto Marghera non è solo un paesaggio di gru, banchine e ciminiere… vi aleggia una particolare vitalità che i sedici narratori ed un poeta, legati al territorio e riuniti in questo volume, – curato da Cristiano Dorigo e Elisabetta Tiveron – hanno scelto di far risaltare partendo da diverse prospettive, chi proponendo una visione più letteraria ed intimista e chi attingendo alla cronaca e alla storia sociale.

 

Scritti di: Beatrice Barzaghi e Maria Fiano – Nicoletta Benatelli – Gianfranco Bettin – Ferruccio Brugnaro – Annalisa Bruni – Alessandro Cinquegrani – Marco Crestani – Maurizio Dianese – Fulvio Ervas – Roberto Ferrucci – Paolo Ganz – Giovanni Montanaro – Massimiliano Nuzzolo – Tiziana Plebani – Gianluca Prestigiacomo – Sergio Tazzer

MADRE MARGHERA

di Antonella Barina

 

Poesie 1967 – 2017

 

50 poesie in 50 anni sul rapporto tra abitante e zona industriale, corredato dal saggio Margaria (1996)

 

È possibile comporre poesie con le parole meccaniche dell’industria. Con i nomi delle fabbriche della chimica. Con il linguaggio del direttore, del segretario, dell’addetto alle pubbliche relazioni. Con gli scarti e con i residui di una bellezza che si riscopre via via, anche qui, sul margine del porto di Venezia, a Marghera.

 

L’esperienza dell’autrice a contatto con la sua città si può definire erlebnis, con un termine tedesco che descrive la conoscenza generata dalla vita vissuta.

 

Marghera diviene fonte di erlebnis che attraversa i lustri e scavalca il Novecento per sgorgare limpida nella contemporaneità.
E così i versi densi di questa raccolta, che felicemente ritroviamo editata, portano alla luce tutto il sublime e tutto l’orrore di Marghera.

 

L’invito della poesia è a leggere i colori e le forme, a riscoprire un lessico ancestrale per comporre ancora e ancora forgiare esistenza. C’è tutta la natura possibile qui, ricercata come fosse fonte vitale.