I MURANESI NEL SETTECENTO

di Silvano Tagliapietra

 

La decadenza delle Corporazioni del vetro, episodi di stregoneria, assassinii, fughe e cospirazioni. Il secolo dei Lumi non illumina di certo Murano che sprofonda in una lenta agonia, fino al crollo finale con l’abdicazione di Daniele Manin.
Ma la vita sull’isola comunque continua e nelle famiglie si litiga ancora per l’eredità, ci si innamora della ragazza sbagliata e quando va bene si diventa garzoni…

 

Silvano Tagliapietra, storico, mastro vetraio, promotore dell’immagine culturale di Murano, descrive la vita dei muranesi nel Settecento con metodo preciso e documentaristico usando un registro vivace e accessibile, regalando momenti di emozione e spunti di riflessione sul passato e sul futuro dell’isola.

 

Il grande affresco che Tagliapietra ci stende innanzi è certamente popolato da un gran numero di vetrai, colti per lo più in occasione di qualche difficoltà o atto abbastanza importante da aver lasciato una traccia scritta in qualche documento d’archivio; la sua cronaca, tuttavia, ci parla anche del resto del popolo di Murano e, mostrandone la varietà e la complessità, permette di dare finalmente una fisionomia reale a questa mitica isola dove vivevano anche ortolani, pescatori e barcaroli, insieme a frati, monache e impiegati della Repubblica.

(Giovanni Sarpellon)

LA FORNACE CAVASIN DI SPINEA

Tra memoria e progetto

 

di Gianna Riva

 

La fornace Cavasin ancora esistente di Spinea è una tipica espressione della cultura locale, il frutto dell’adattamento alle esigenze specifiche dello stabilimento di un tipo edilizio ben consolidato e sedimentato nella cultura costruttiva tradizionale delle terre venete; e, proprio per questo, essa rappresenta un significativo documento della storia sociale del territorio.

Pur intrecciato strettamente con l’attività dei campi, il lavoro nella fornace divenne progressivamente la principale fonte di sostentamento per le famiglie della zona, un lavoro duro che coinvolgeva anche le donne e i bambini.

 

Le testimonianze superstiti della fornace di laterizi di Spinea sono abbastanza complete da poter documentare in modo esaustivo la configurazione dell’impianto nella fase più matura e quindi più recente dell’attività e contribuiscono, quindi, significativamente a testimoniare quel momento del processo di intensa urbanizzazione del territorio, che ha più profondamente trasformato la zona, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, e più marcatamente a partire dagli anni sessanta del Novecento, portando con sé conflitti e contraddizioni tuttora irrisolti.

 

Questo lavoro si ripromette di chiarire innanzitutto le caratteristiche del sito, di riconoscerne i valori con riferimento sia al pregio delle opere edificate che al significato intrinseco, documentario e storico che esse esprimono, sia nella peculiarità e potenzialità del paesaggio che proprio quelle testimonianze inserite nel territorio non ancora urbanizzato che le circonda possono concorrere a caratterizzare.

DA ALTINO A VENEZIA

Continuità di una civiltà

 

di Franco Bordin

 

Storia documentata di Venezia dalle origini alla pace del 1177

 

“Da Altino a Venezia” vuol presentare la prima fase della storia della Serenissima attraverso i suoi nodi cruciali: la nascita del Dogato, l’ascesa di Rivoalto, il culto di S. Marco ed il formarsi della città, l’invasione degli Ungheri, la politica del doge Pietro II Orseolo e il dominio dell’Adriatico, la prima Crociata, la nascita del Maggior Consiglio, la politica di Federico Barbarossa e la Lega Lombarda, la pace del 1177.

 

Franco Bordin analizza – attraverso fonti narrative, documenti (trattati, testamenti, decreti…) e interpretazioni degli storici – la vita della città attraverso la complessa trama degli avvenimenti storici e nel suo continuo sviluppo nel campo politico, costituzionale, economico, urbanistico, religioso ed artistico. È un’opera fondamentale sia per il lettore appassionato di Storia sia per lo studioso.

LA LEGGENDA DI ALBERTO

di Michele Zanetti

 

Che cosa offre in cambio questa vita, che certamente non è fatta per la maggior parte della gente?

 

Anzitutto un contatto con la natura in una delle zone più belle e incontaminate di tutte le alpi, dove la ricchezza della flora e soprattutto della fauna costituiscono una dimensione nuova e originale e insieme a questo incontro, un incontro con se stessi quale oggi è difficile poter trovare altrove, e che permette di scoprire aspetti ed esperienze fuori dal comune.

 

Infine la consapevolezza di contribuire a proteggere un patrimonio naturale unico e irripetibile, di inestimabile valore, dove gli uomini d’oggi e soprattutto di domani possano attingere per trovarvi ispirazione, conoscenze scientifiche, cultura e svago.
(Alberto Azzolini)

PRIMA DI PARLAR, TASI

di Espedita Grandesso

 

Proverbi, parole e parolacce da non dimenticare

 

Un richiamo alla memoria del passato, una raccolta di modi di dire, e di parolacce, di oggetti e mestieri che si sono persi negli anfratti del tempo. Le espressioni che Espedita Grandesso ci riporta non appartengono a quel dialetto simil-popolare che Goldoni ci ha tramandato nelle sue commedie, ma alla voce della massa, fatta di uomini comuni, di situazioni e occasioni radicate nel quotidiano.

 

Troviamo frasi imparentate strettamente con i fatti storici più importanti del momento, come la ribellione di Cuba del 1885 (Zo’ le man da Cuba!); espressioni legate alla religione e a quel miscuglio di paura, devozione e ironia che era l’approccio alla fede di ogni buon cristiano (Esser quelo che gà fato el mango ale sarese; Che ciavada che ciapa i frati, se non ghe xe el paradiso!); proverbi nati dalla filosofia popolare (Se no ti pol bater el cavalo, bati la sela); parolacce e offese (magnamorti, despossente, futon e bampaciara, casso mato); oggetti scomparsi o sostituiti da copie asettiche e automatizzate (bataor, ligambo, moscheto, rasador); definizioni di vecchi mestieri (colarina, gua o moleta, pontapiati, strassarol); nomi di animali (luserta, selega, bisato, finco subioto, marsion); cibi della cucina “povera” (formenton, lucamara, spolentaure, stracaganasse, baracocoli).

MAGNA E BEVI, CHE LA VITA XE UN LAMPO!

di Espedita Grandesso

 

La cucina nel Veneto dall’età romana alla caduta della Serenissima

 

“I Veneziani non amavano Donna Teodora, troppo diversa dalle altre dame, anche d’alto lignaggio, che risiedevano in città. Abituata a una vita regale, la dogaressa Selvo si lavava il viso con la rugiada, che i suoi schiavi raccoglievano all’alba ogni mattina. Non basta: spesso faceva addirittura il bagno e si profumava, ma ciò che non le fu mai perdonato, né dal popolo né da san Pier Damiani, fu l’uso del piron d’oro per portare alle labbra i pezzetti di carne tagliati dai suoi eunuchi.”

 

Quanto è rimasto ai giorni nostri della lunga tradizione culinaria veneta e veneziana che indicava portate particolari per ogni grande festività e per i banchetti della Serenissima? Quante delle strane ricette di Apicio sarebbero ancora appetibili ai nostri palati?

 

Espedita Grandesso, con la sua garbata ironia, traccia un percorso nel tempo, che va dall’età romana alla caduta della Repubblica Veneta, nel quale mette in luce come l’arte del mangiare si sia via via andando raffinando, anche grazie all’arrivo di aromi e di spezie dal lontano Oriente e all’apporto delle colonie levantine al mercato di Venezia, ricordando come la cucina più povera si industriasse a dare sapore al cibo quotidiano anche con l’uso di piante selvatiche. Potrìda de fenichi, sfogi in saòr, sguasseto a la bechera, figà col radeselo, sono solo alcune delle molte ricette riportate che fanno parte della nostra tradizione e che andrebbero riassaporate.

 

“Magna e bevi, che la vita xe un lampo!” non è solo un insolito ricettario, ma anche una raccolta di piccoli aneddoti, racconti brevi, documenti d’epoca, che si può leggere come un ipertesto, secondo la propria discrezione ed il proprio divertimento.

SE NO XÉ PAN XÉ POLENTA

di Espedita Grandesso

 

Curiosità e golosità venete

 

“Era un caldo mezzogiorno d’estate e mi ero ripromessa di limitarmi ad una fondina di paste e fagioli quando, ad un tratto, fui travolta dal profumo intenso che usciva dalla cucina. Buttai l’occhio al contenuto della pentola fatata messa là in bella vista e gioii non poco nel vedere cospicui pezzetti di luganega riposare dentro a una bellissima spuma bianca di riso.


Dissi all’oste che, se mi avesse avvertito che stava per uscire dalla cucina quel ben di dio, non avrei consumato la pur ottima pasta e fagioli. Quel cortese signore, da galante gentiluomo d’altri tempi, per l’irrisoria somma (già allora) di 500 lire mi offrì un assaggio dello squisito risoto de luganega, che si rivelò essere, in pratica, una porzione e neanche tanto piccola.


Arrivai in ufficio con l’aria estasiata e volsi gli occhi pieni di compassione verso i colleghi appena rientrati dalla mensa, nella quale le meraviglie che mi ero appena pappata non erano pensabili neppure nel “libro dei sogni”. “Ma dove sparisci all’ora di pranzo?” mi chiese una collega.
Non potevo confessarle che avevo scoperto la caverna di Alì Babà in un bàcaro dove nessun impiegato a modo avrebbe osato mettere piede, figurarsi poi una signora! Ma soprattutto confesso che non volevo testimoni scomodi durante i miei pasti ipercalorici.”

 

Espedita Grandesso in “Se no xé pan xé polenta” delinea un percorso attraverso l’età moderna e contemporanea nel quale fa confluire i propri interessi sulla tradizione, la cucina e i modi di dire. Descrive un prezioso quaderno inedito del 1907 nel quale la pasticcera veneziana Caterina Patrizio ha riportato le ricette dei dolci tipici austriaci che era solita preparare per la famiglia a cui prestava servizio. Valuta l’importanza che hanno avuto presso le massaie i consigli pratici proposti nelle pubblicazioni di Amalia Moretti, in arte Petronilla, per sopperire alla carenza di cibo e di beni primari nel periodo più difficile della Seconda Guerra Mondiale.

 

Ricorda i prodotti tipici dei venditori ambulanti veneziani di un tempo, i bàcari con la loro varietà di piatti e di cicheti, ma anche i piatti penitenziali del periodo di Quaresima e le piante spontanee che i contadini coglievano per dare loro un po’ di sostanza. Tante piccole storie e curiosità raccontate, come sempre, con garbata e sottile ironia.

CHI XÉ MONA, STAGA A CASA!

di Espedita Grandesso

 

Detti, insulti e prese in giro

 

“Esser felise come ’na scoresa a la sagra dei fasioi. Aver ’na gola da vaca. Piuttosto che i sorzi la rosega, xé megio che i osei la becola. Porchezar a arco…

 

In fondo, i proverbi e i modi di dire, come le favole di una volta, dopo aver provocato una risata a chi è pieno di problemi fino ai capelli, lasciano un ammaestramento o un consiglio, che non pretendono d’essere lezioni di filosofia, ma che – spesso – ci invitano a chiederci se non ci prendiamo troppo sul serio e a trarne le debite conseguenze. Esistono proverbi gravi, intelligenti e perfino pii, ma, nella maggior parte, sono un po’ cialtroni atti, tuttavia, ad illustrare una situazione, un modo d’essere, uno stato d’animo con una battuta fulminante.”

CALLI, CAMPIELLI E CANALI

di Paolo G. Nadali – Renzo Vianello

 

Guida di Venezia e delle sue isole. Edizione in italiano e in inglese

 

Più di una mappa o di uno stradario: una guida insuperabile per non perdersi a Venezia. Contiene un indice dettagliato delle denominazioni stradali in ordine alfabetico e un commento ai principali monumenti. Utile anche per chi deve arrivare a un numero civico dei sestrieri veneziani senza saper il nome esatto della calle. Un aiuto pratico per districarsi nella criptica numerazione dei portoni senza girare a lungo a vuoto.

 

La guida “Calli, Campielli e Canali” si rifà al carteggio del catasto napoleonico proponendo l’articolato tessuto urbano veneziano suddiviso in 86 tavole a colori in cui sono distinti meticolosamente con un colore diverso gli edifici storici, i fabbricati separati a seconda della funzione artigianale o commerciale, il verde pubblico dal privato. Inoltre vi sono oltre 400 schede riservate a monumenti e palazzi storici che descrivono lo sviluppo storico e le varie fasi di lavorazione artistica. Questa guida vuole essere un segno d’amore verso Venezia, un modo per ricollegarsi alle sue radici più vere e autentiche: i ponti, le calli, i campielli e i canali. L’intricato sentiero di pietra che porta al cuore di una città magica.

VENETO IN FAMIGLIA

di D. Marcuglia, L. Durighetto, P. Marcolin

 

35 percorsi a portata di bimbo

 

Mulini di Stalis – Oasi di Cervara – Sorgenti del Sile – Pista ciclabile del Sile – Laguna Veneziana – Zero Branco – Riviera del Brenta – Venezia (Ghetto) – Valle Averto – Vacamora – Taglio di Po – Porto Viro – Fratta Polesine – Cittadella – Piazzola sul Brenta – Due Carrare – Stanghella – Carceri – Grotte di Oliero – Covolo di Butistone – Monte Grappa – Montello – Susegana – Cordignano e Sarmede – Cansiglio – Valle del Mis – Longarone – Tre Cime di Lavaredo – Colli Euganei – Monti Berici – Soave – Molina – Cisano e Bardolino – Valeggio sul Mincio – Isola della Scala.

 

La guida “Veneto in famiglia” vuole venire incontro a tutti quei genitori che desiderano fare una gita istruttiva e divertente con i propri figli. Gli itinerari che si intendono proporre coprono tutto il Veneto, in modo particolare la zona centrale, più facilmente accessibile e vicina alle principali città.

 

Le 35 escursioni sono abbastanza variegate, in modo da poter decidere l’una o l’altra meta in base alla stagione, all’andamento climatico del giorno e ai mezzi di trasporto a disposizione.

 

Le gite occupano al massimo il tempo di una giornata; si è cercato di proporre itinerari accessibili a tutti, anche dal punto di vista strettamente monetario. Naturalmente nulla vieta di ampliare la permanenza, o di modificare mezzi o condizioni di viaggio.

 

Alla descrizione vera e propria si accompagnano alcune foto illustrative, una scheda tecnica con tutte le indicazioni da seguire e infine alcune schede tematiche di approfondimento. Queste ultime vengono incontro alla caratteristica primaria dei bambini, ossia la curiosità: quando visitano un luogo che non conoscono tempestano di domande i propri genitori, i quali potranno così portare con sé uno strumento per rispondere a tutti i quesiti.

 

Infine si vuole mettere in luce l’importanza della lingua e delle tradizioni popolari, alle quali verrà dedicato uno spazio apposito in ciascun capitolo, in modo che a ogni luogo corrisponda un pezzo di storia, una leggenda, una parola o una festa.