di Espedita Grandesso
La cucina nel Veneto dall’età romana alla caduta della Serenissima
“I Veneziani non amavano Donna Teodora, troppo diversa dalle altre dame, anche d’alto lignaggio, che risiedevano in città. Abituata a una vita regale, la dogaressa Selvo si lavava il viso con la rugiada, che i suoi schiavi raccoglievano all’alba ogni mattina. Non basta: spesso faceva addirittura il bagno e si profumava, ma ciò che non le fu mai perdonato, né dal popolo né da san Pier Damiani, fu l’uso del piron d’oro per portare alle labbra i pezzetti di carne tagliati dai suoi eunuchi.”
Quanto è rimasto ai giorni nostri della lunga tradizione culinaria veneta e veneziana che indicava portate particolari per ogni grande festività e per i banchetti della Serenissima? Quante delle strane ricette di Apicio sarebbero ancora appetibili ai nostri palati?
Espedita Grandesso, con la sua garbata ironia, traccia un percorso nel tempo, che va dall’età romana alla caduta della Repubblica Veneta, nel quale mette in luce come l’arte del mangiare si sia via via andando raffinando, anche grazie all’arrivo di aromi e di spezie dal lontano Oriente e all’apporto delle colonie levantine al mercato di Venezia, ricordando come la cucina più povera si industriasse a dare sapore al cibo quotidiano anche con l’uso di piante selvatiche. Potrìda de fenichi, sfogi in saòr, sguasseto a la bechera, figà col radeselo, sono solo alcune delle molte ricette riportate che fanno parte della nostra tradizione e che andrebbero riassaporate.
“Magna e bevi, che la vita xe un lampo!” non è solo un insolito ricettario, ma anche una raccolta di piccoli aneddoti, racconti brevi, documenti d’epoca, che si può leggere come un ipertesto, secondo la propria discrezione ed il proprio divertimento.